La commessa del panificio ha due bocce enormi. Rimango ipnotizzato ogni volta che sbircio nella sua scollatura.

Da quando ho visto questa tettona per la prima volta ho capito che avrei dovuto farmela. La troia lavora in un panificio. Vende il pane con la sua cuffietta in testa e un paio di bocce enormi che strabordano dalla scollatura. Andavo a comprare il pane lì soltanto per vedere quei due meloni straordinariamente grandi. In effetti il pane lì fa schifo, bruciato e senza sapore. Ogni volta che lei si allungava per passarmi il sacchetto del pane le uscivano un po’ le tette da fuori e a me si alzava il cazzo. Non ce la facevo più, dovevo averla. Quella ragazza era diventata un chiodo fisso. L’ho aspettata fuori del negozio dopo la chiusura. È sembrata contenta di vedermi la troia. Ha detto che aveva notato come la guardavo, come le fissavo le bocce e come venissi lì solo per la sua scollatura più che per il pane. L’ho accompagnata fino a casa dove lei mi ha fatto entrare, invitandomi a prendere qualcosa da bere. La puttana mi ha trascinato in camera da letto e mi ha spogliato. Io le ho tirato via i vestiti e ho cominciato a giocare con le sue bocce enormi. Le ho palpeggiate, le ho leccate, dai capezzoli fino a tutta la loro circonferenza. Poi l’ho presa e l’ho messa a novanta. Le ho sbattuto il cazzo dentro e ho cominciato a trombarla alla grande. Lei ha goduto mentre quelle enormi tette ondeggiavano avanti e indietro sotto i miei colpi. L’ho impalata, mettendoglielo dentro anche in mezzo alle sue gambe da troia. Con violenza l’ho presa. Era lei che me lo chiedeva. Così come mi implorava di farsi sborrare nella sua fica aperta. Voleva tutto il mio sperma nella sua vagina. Non ho resistito a lungo, inondandogli la fica e realizzando il suo desiderio.

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